Dalla cura del verde allo sport: i progetti inclusivi dei neuropsichiatri infantili

“Abbiamo scelto di uscire dalla Torre del Policlinico e di lavorare sul territorio”, dice la prof.ssa Carmela Bravaccio

Sport, agricoltura, musei: sono alcuni degli ambiti nei quali la prof.ssa Carmela Bravaccio, neuropsichiatra dell’infanzia e docente presso il Dipartimento di Scienze Mediche Traslazionali dell’Università Federico II,  porta avanti con la sua squadra progetti di inclusione rivolti ai bambini ed ai ragazzi disabili. “Tutto è iniziato – racconta la docente – alcuni anni fa, quando un’associazione di genitori con figli autistici mi chiese un aiuto per fare qualcosa di diverso, che non fosse solo la terapia abitualmente svolta. Avevano avuto un terreno ad Agnano e volevano realizzare un progetto per i bambini autistici. L’associazione si chiamava e tuttora si chiama Autism Aid onlus ed è promossa dall’avvocato Paolo Vassallo. Gestisce, tra l’altro, un fondo agricolo che ha avuto dalla Fondazione Banco di Napoli. Accettammo la proposta e scoprimmo un mare di opportunità di fare qualcosa di utile. Da quel momento non ci siamo più fermati e sono nati tanti progetti”.

Cachi e melograni negli scavi di Pompei

Conviene, dunque, per non perdere il filo, cominciare dal più recente: “Con la cooperativa Il Tulipano è da poco partita una iniziativa di cura del verde all’interno degli scavi archeologici di Pompei. L’idea è di coinvolgere i bambini ed i ragazzi in uno spazio nel quale, con la supervisione degli adulti, cercheranno di riportare alla luce coltivazioni tradizionali, dai melograni ai cachi. Si sono già svolti i primi incontri. Ecco come ne descrive uno Giovanna Gison, psicologa e terapista della neuro e psicomotricità: “Succede che ci stupiamo di quante cose sappiano fare ed accade che Jacopo annusa una rosa che poi porta alla madre, che Carolina ci soffia dentro l’erba, che Francesca vuole imparare i nomi di tutti, che Alessandro si ribella se gli dici che è sfaticato, Ludovico sembra che faccia questo lavoro da una vita, Salvatore colleziona selfie, Sergio si preoccupa che io non mi perda. L’altro Salvatore, quello piccolo, si è svegliato filosofo, poeta e polemista”. In questo come negli altri progetti, dice la prof.ssa Bravaccio, “il compito dei docenti e dei giovani ricercatori del Dipartimento è sia quello di formare e sostenere gli operatori i quali si trovano sul campo al fianco dei bambini e dei ragazzi, sia di fare da traino affinché le iniziative nascano e vadano avanti. Agricoltura e campagna sono al centro anche di Agrisocial Lab, un progetto nel quale il Dipartimento di Scienze Mediche Traslazionali era affiancato da quello di Scienze Politiche ed al quale hanno contribuito il consorzio Luna (capofila) e tre aziende agricole. In sintesi sono state impiegate persone con disabilità non motoria in alcune aziende agricole del territorio. Alcune di queste persone erano autistiche. Noi abbiamo fatto una valutazione iniziale e finale dei ragazzi che hanno partecipato al progetto ed abbiamo assistito e formato i membri delle cooperative presso le quali sono stati inviati i ragazzi disabili”. L’obiettivo?  “Generare inclusione lavorativa di soggetti con disabilità non motoria e creare una nuova figura di imprenditore agro-sociale che sappia coniugare la produzione di prodotti agricoli di qualità con la funzione sociale ed etica di management di una azienda che si relaziona con il territorio”. Il gruppo dei neuropsichiatri infantili segue, inoltre, l’associazione sportiva Apd Rari Nantes Campania Special Team con gli allenatori Mario ed Alfonso Abate: Offriamo supporto ai ragazzini che si avviano al nuoto ed agli istruttori che li seguono. Quando dico supporto non mi riferisco a qualcosa di teorico, di astratto. Siamo proprio lì, a bordo vasca, dove gli atleti si allenano. Per esempio allo Sporting club di Poggiomarino e ad Angri”. C’è anche la realtà virtuale tra gli ambiti che impegnano la squadra di Bravaccio per favorire l’inclusione dei bimbi e degli adolescenti disabili. “Il 27 e 28 ottobre saremo con un nostro spazio all’Innovation Village di Città della Scienza –anticipa la docente – dove presenteremo alcune start up finalizzate a migliorare e rendere più efficaci gli interventi riabilitativi. Sono progetti che abbiamo portato avanti con gli ingegneri del nostro Ateneo, proprio come quello relativo al monitoraggio delle prestazioni degli atleti con disabilità cognitiva che si è svolto nei Laboratori del Polo universitario di San Giovanni a Teduccio e che sarà presentato in un convegno all’Università il 4 novembre”. È stata portata avanti in collaborazione con Architettura e con l’Università Parthenope, invece, l’iniziativa di realizzare percorsi museali adatti ai ragazzi con disabilità. Ha riguardato in particolare Paestum, il museo di Capodimonte, gli scavi di Pompei, la Cappella Sansevero. “Il filo rosso che lega tutti questi progetti è questo: noi neuropsichiatri infantili della Federico II abbiamo scelto di uscire dalla Torre del Policlinico e di lavorare sul territorio. Con i bambini ed ragazzi disabili, con gli allenatori sportivi e con gli insegnanti delle scuole che possono trarre giovamento nella loro formazione dal nostro contributo, con i direttori e gli operatori dei musei, con gli imprenditori agricoli”. La squadra è piuttosto ampia: “Ho con me otto medici strutturati e una trentina di specializzandi.


Autismo,
cause ancora poco chiare

L’attività sul campo, dunque, procede in parallelo con la didattica e la ricerca. Riguardo a quest’ultima, spiega la docente, permane il grande punto interrogativo relativo alle cause dell’autismo. “Si continuano a fare molti studi di genetica – spiega – ma oggi non possiamo dire con chiarezza che sia stata individuata precisamente la causa dell’autismo. Le origini parrebbero multifattoriali. Sono stati studiati i geni e tutti i bambini autistici hanno alterazioni diverse. La familiarità conta, ma non è determinante. C’è chi ha svolto studi, poi, sulla correlazione tra autismo e nascita prematura, ma anche da questo punto di vista non si è giunti ad accertare un inequivocabile nesso causale. Nessuna certezza, in sostanza. “È giusto ed opportuno che si continui a cercare, a scandagliare affinché si possa poi un giorno, individuata la causa dell’autismo, o le cause qualora si confermi la multifattorialità, cercare anche una cura, una terapia. Nel frattempo, però, è fondamentale che si moltiplichino le iniziative per migliorare la vita dei bimbi e dei ragazzi disabili e delle loro famiglie. Non devono essere lasciati soli, vanno accompagnati, aiutati, assistiti e stimolati. Nel nostro piccolo qui alla Federico II cerchiamo di fare proprio questo e quando centriamo un obiettivo la gioia che ne ricaviamo è immensa. Penso a Salvatore, per esempio, che si è iscritto all’Università, oppure a Giuseppe, che ha completato il percorso con Agrisocial. C’è una frase, secondo la docente, che meglio di ogni altra può racchiudere il senso del lavoro per l’inclusione che portano avanti i neuropsichiatri dell’infanzia federiciani: “Non esiste persona così grave da non avere punti di forza e non esiste ambiente così povero da non avere risorse”.

Fabrizio Geremicca

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