Alcuni si chiedono: ma serve davvero l’Erasmus o si perde soltanto tempo? La risposta viene dagli studenti che sono appena tornati dalle università europee presso le quali hanno svolto il loro periodo di soggiorno sembra essere univoca: è un’esperienza indimenticabile.
“E’ stata un’esperienza molto fruttuosa perché ho avuto modo di conoscere ragazzi di altri paesi e di poter sperimentare un nuovo metodo di studio”, racconta Claudia Galdi, laureata triennale in Relazioni Internazionali e Diplomatiche -Facoltà di Scienze Politiche- ed iscritta alla Specialistica in Relazioni d’Istituzioni dell’Asia e dell’Africa dove studia inglese e cinese, ha svolto il programma Erasmus in Olanda, presso l’Università di Leiden, tra settembre e febbraio. “Avevo la possibilità di scegliere tra tre destinazioni: Inghilterra, Francia ed Olanda- continua Claudia- La mia scelta è caduta sull’Olanda perché a Leiden c’è uno dei più famosi Istituti di studio della lingua cinese. E’ stata un’esperienza molto significativa perché ho potuto sperimentare un nuovo metodo di studio: ho frequentato quattro corsi – di cui tre incentrati sulla lingua, sulla storia e sull’economia della Cina- solo due giorni a settimana. Con classi di 7 o 15 studenti si riusciva a tenere alta la partecipazione durante le lezioni anche attraverso lavori di tesine e articoli. E’ un sistema però che richiede molto impegno e studio costante. Sono contenta che anche all’Orientale, durante la Specialistica, molti docenti stanno adottando questo metodo”.
Sistemi di studio diversi ma anche strutture all’avanguardia: il senso della testimonianza di Nino Nocera, laureato in Lingue e Letteratura nel 2004, ora Dottorando ad Anglistica. “Il mio è stato un Erasmus anomalo- afferma scherzosamente Nino- Mi occupo di letteratura e storia dei Caraibi, in particolare della Guyana dove ho svolto anche dei soggiorni di ricerca. Ho scelto di partecipare al progetto Erasmus perché per me è significato l’opportunità di poter accedere ai documenti dell’Università di Warwich, in Inghilterra, dove c’è uno dei più importanti centri di ricerca di Studi Caraibici. Io, naturalmente, non ho seguito corsi ma ho svolto lavoro di ricerca ed è stato importantissimo poter accedere ad una biblioteca strutturata con le più avanzate tecnologie”.
Anche Beatrice Ferrara, iscritta alla Specialistica in Cultura e Letteratura di Lingua Inglese -Facoltà di Lingue-, sottolinea l’efficienza delle strutture dell’Università di Cardiff in Galles, presso la quale ha svolto l’Erasmus fino a gennaio e compiuto ricerche utili alla sua tesi di laurea sul periodo post-coloniale. “E’ risaputo!- commenta- All’estero ci sono strutture migliori delle nostre: tutto funziona alla perfezione, tutto è informatizzato”.
“E’ un’esperienza che ti fa crescere- racconta anche Carmen Di Giacomo, iscritta alla specialistica in Relazioni Sociali e Culturali del Mediterraneo- perché incontri persone molto diverse. Io ho svolto l’Erasmus presso una sede distaccata dell’Università di Marsiglia e ho incontrato ragazzi di tutto il mondo. Per me il disagio maggiore è stato l’alloggio: ho soggiornato in uno studentato con bagno e cucina in comune e non è stato semplice, soprattutto all’inizio”. Una conferma nelle parole di Beatrice: “il periodo iniziale è quello più brutto perché a volte si sente la mancanza di casa, mai poi passa. Devo dire però che sono rimasta molto sorpresa dell’ostilità riservata agli italiani da parte degli inglesi. Credo che a Londra non avrei vissuto questo problema. A Cardiff, invece, i più giovani facevano spesso battute ironiche dirette agli italiani, spagnoli e ai greci. Allusioni offensive alla mafia, o alla burocrazia inefficiente, se non peggio. Da parte degli adulti ho incontrato, per fortuna, cordialità e curiosità”.
Tutta in positivo, invece, l’esperienza di Nino che è stato addirittura ospitato in casa di un professore inglese: “ho avuto così immergermi completamente nella vita di una famiglia inglese e conoscere usanze diverse nell’esperienza quotidiana”.
Per essere pronti a partire, caratteristica essenziale è “la voglia di mettersi in gioco” dice Nino “ma anche molta pazienza e volontà perché non bisogna mai perdere l’ottimismo”, aggiunge Beatrice. “Spirito positivo – è il suggerimento anche di Carmen che lamenta di non essere stata molto seguita dalla sua università nella scelta della sede straniera e del semestre e per questo invita a “raccogliere quanto più informazioni possibile e preferire come destinazione sempre grandi città”.
Valentina Orellana
“E’ stata un’esperienza molto fruttuosa perché ho avuto modo di conoscere ragazzi di altri paesi e di poter sperimentare un nuovo metodo di studio”, racconta Claudia Galdi, laureata triennale in Relazioni Internazionali e Diplomatiche -Facoltà di Scienze Politiche- ed iscritta alla Specialistica in Relazioni d’Istituzioni dell’Asia e dell’Africa dove studia inglese e cinese, ha svolto il programma Erasmus in Olanda, presso l’Università di Leiden, tra settembre e febbraio. “Avevo la possibilità di scegliere tra tre destinazioni: Inghilterra, Francia ed Olanda- continua Claudia- La mia scelta è caduta sull’Olanda perché a Leiden c’è uno dei più famosi Istituti di studio della lingua cinese. E’ stata un’esperienza molto significativa perché ho potuto sperimentare un nuovo metodo di studio: ho frequentato quattro corsi – di cui tre incentrati sulla lingua, sulla storia e sull’economia della Cina- solo due giorni a settimana. Con classi di 7 o 15 studenti si riusciva a tenere alta la partecipazione durante le lezioni anche attraverso lavori di tesine e articoli. E’ un sistema però che richiede molto impegno e studio costante. Sono contenta che anche all’Orientale, durante la Specialistica, molti docenti stanno adottando questo metodo”.
Sistemi di studio diversi ma anche strutture all’avanguardia: il senso della testimonianza di Nino Nocera, laureato in Lingue e Letteratura nel 2004, ora Dottorando ad Anglistica. “Il mio è stato un Erasmus anomalo- afferma scherzosamente Nino- Mi occupo di letteratura e storia dei Caraibi, in particolare della Guyana dove ho svolto anche dei soggiorni di ricerca. Ho scelto di partecipare al progetto Erasmus perché per me è significato l’opportunità di poter accedere ai documenti dell’Università di Warwich, in Inghilterra, dove c’è uno dei più importanti centri di ricerca di Studi Caraibici. Io, naturalmente, non ho seguito corsi ma ho svolto lavoro di ricerca ed è stato importantissimo poter accedere ad una biblioteca strutturata con le più avanzate tecnologie”.
Anche Beatrice Ferrara, iscritta alla Specialistica in Cultura e Letteratura di Lingua Inglese -Facoltà di Lingue-, sottolinea l’efficienza delle strutture dell’Università di Cardiff in Galles, presso la quale ha svolto l’Erasmus fino a gennaio e compiuto ricerche utili alla sua tesi di laurea sul periodo post-coloniale. “E’ risaputo!- commenta- All’estero ci sono strutture migliori delle nostre: tutto funziona alla perfezione, tutto è informatizzato”.
“E’ un’esperienza che ti fa crescere- racconta anche Carmen Di Giacomo, iscritta alla specialistica in Relazioni Sociali e Culturali del Mediterraneo- perché incontri persone molto diverse. Io ho svolto l’Erasmus presso una sede distaccata dell’Università di Marsiglia e ho incontrato ragazzi di tutto il mondo. Per me il disagio maggiore è stato l’alloggio: ho soggiornato in uno studentato con bagno e cucina in comune e non è stato semplice, soprattutto all’inizio”. Una conferma nelle parole di Beatrice: “il periodo iniziale è quello più brutto perché a volte si sente la mancanza di casa, mai poi passa. Devo dire però che sono rimasta molto sorpresa dell’ostilità riservata agli italiani da parte degli inglesi. Credo che a Londra non avrei vissuto questo problema. A Cardiff, invece, i più giovani facevano spesso battute ironiche dirette agli italiani, spagnoli e ai greci. Allusioni offensive alla mafia, o alla burocrazia inefficiente, se non peggio. Da parte degli adulti ho incontrato, per fortuna, cordialità e curiosità”.
Tutta in positivo, invece, l’esperienza di Nino che è stato addirittura ospitato in casa di un professore inglese: “ho avuto così immergermi completamente nella vita di una famiglia inglese e conoscere usanze diverse nell’esperienza quotidiana”.
Per essere pronti a partire, caratteristica essenziale è “la voglia di mettersi in gioco” dice Nino “ma anche molta pazienza e volontà perché non bisogna mai perdere l’ottimismo”, aggiunge Beatrice. “Spirito positivo – è il suggerimento anche di Carmen che lamenta di non essere stata molto seguita dalla sua università nella scelta della sede straniera e del semestre e per questo invita a “raccogliere quanto più informazioni possibile e preferire come destinazione sempre grandi città”.
Valentina Orellana