L’ultima provocazione, di una università che ormai non c’è più, al servizio di una nuova proposta artistica. Una sperimentazione, elaborata a partire dalle sollecitazioni ricevute durante le lezioni di Scienza delle Costruzioni. Sono i contenuti del seminario L’attore costitutivo che si è svolto l’8 maggio presso l’Aula Magna della Facoltà di Ingegneria, promosso in collaborazione con la rete Napoli Centro Storico Produzioni e la casa editrice Controcorrente Edizioni. “Il vecchio è moribondo ed il nuovo stenta ad emergere. L’arte e la scienza devono impegnarsi a creare forme nuove ed evitare che nuovi barbari impediscano questo processo. L’attore, in qualità di personaggio, va alla ricerca in un’agorà aperta a tutte le forme di partecipazione”, dice in apertura, citando Massimo Cacciari e Biagio De Giovanni, il giornalista ed editore Pietro Golia, moderatore dell’incontro. “Tutto è cominciato quando, con mia moglie, ho visto in scena un ragazzo che, fra l’uno e l’altro dei Sette Pezzi di Haydn, rendeva comprensibili, in modo commovente anche per me che sono ateo, la sofferenza di Cristo. Alla fine della rappresentazione, quest’attore bravissimo, un mio allievo, mi ha raccontato la sua teoria”, ricorda il prof. Luciano Nunziante, docente di Scienza delle Costruzioni e promotore dell’iniziativa, raccontando, attraverso la storia della disciplina, gli sviluppi artistici dell’arte costitutiva. Il problema della Fisica del materiale si è posto fin dai tempi di Aristotele, quando non c’era differenza fra materiale e struttura. Il primo a fare una nuova proposta è stato Vitruvio, ma la svolta si deve a Galileo, il primo a ricorrere alla modellazione matematica, perché: “per mettersi a studiare, occorre saper prevedere le risposte dei materiali, i quali, sottoposti a sollecitazioni contenute, non conservano memoria delle azioni subite ma, in seguito ad azioni turbative, per rispettare il bilancio energetico, si comportano diversamente, restituendo l’azione subita. L’attore costitutivo è in grado di restituire in toto la propria esperienza rendendo, fisicamente, ciò che va oltre la Fisica stessa. Una sorta di nuova metafisica aristotelica”.
Ed eccolo salire in cattedra, per illustrare la propria teoria dell’Attore Costitutivo, Egidio Carbone, trentaquattrenne regista, attore e drammaturgo, laureato in Ingegneria Civile, che nel 2010 ha debuttato sul palcoscenico del Massimo napoletano con la sua Bufaliera, atto unico tradotto in arabo da Mohamed Salmawy, e direttore del laboratorio dedicato alla sua sperimentazione d’avanguardia, che pone in parallelo la moderna teoria della deformazione della materia e la metafisica del personaggio. “Quando, su questi banchi, sentì parlare dell’intimità della materia, capii che le due discipline su cui si fondava la mia formazione, il teatro e la Scienza delle Costruzioni, si potevano unire per creare la deformazione di un personaggio”, dice Egidio. Un attore porta avanti il lavoro con le tecniche che ha appreso: “perché non andare oltre? Perché, invece di osservare solo la natura umana, portando in scena i movimenti di una figura, non mettere l’attore in condizione di essere un personaggio?”. Si tratta di comunicare con la natura, attraverso linguaggi e modelli, per estrapolarne delle leggi. Fin dai tempi di Aristotele, Fisica e Metafisica sono state considerate entità separate, “forse perché non era ancora il momento di studiarle insieme. Osservare come la materia si deformi porta a considerarle entità complementari della stessa entità. Dal momento che una cosa esiste se e solo se esiste anche l’altra, non possiamo pensare che non lascino reciprocamente traccia l’una nell’altra”. Materiale di riferimento, l’acciaio metallo isotropo che, in qualunque modo venga tempestato, reagisce sempre allo stesso modo. “Una cosa affascinante. Tramite l’acciaio posso capire come un personaggio, interagendo con gli altri, può cambiare e modificarsi, trasformandosi in un personaggio ideale, una riduzione scenica paragonabile ad una funzione matematica. Ad esempio, per interpretare un uomo di settanta anni, devo conoscere la sua storia, sapere se ha figli, fratelli”. I materiali hanno memoria storica e l’attore, trasformando il reale in verosimile, mette in scena un modello della realtà. Ecco l’attore costitutivo: sotto lo stress di forze esterne, modifica il proprio comportamento, passando attraverso diversi stati di plasticità.
L’attore Francesco Paolantoni offre un saggio delle tecniche dell’arte costitutiva, leggendo, in chiave brillante, il monologo liberamente tratto dai Discorsi e dimostrazioni matematiche di Galileo Galilei, nel corso del quale dà corpo e voce all’impressionante confronto fra la descrizione dei fenomeni e le fasi elastica, snervata, deformata, ‘smemorata’ (ovvero in condizioni iniziali ripristinate senza conseguenze) e intima dell’interprete: “l’acciaio ha memoria storica, ma anch’io questa cosa nun ma scordo”, conclude l’attore. “Dire teoria è una cosa grossa, ma possiamo ringraziare Egidio per averci aperto al dubbio verso questa prospettiva. Come compositore, metto insieme note, corpuscoli definiti, la cui sequenza porta a melodie che creano emozioni e raccontano grandi eventi, una cosa misteriosa. Gli studi in Fisica mi hanno insegnato che un problema è sempre risolvibile, a meno che non sia mal posto. Non ho mai trovato la regola per la musica e mi auguro di avere, finalmente, svoltato”, sottolinea il compositore, laureato in Fisica, Eugenio Bennato regalando al pubblico una commovente ballata dedicata agli ultimi e più in generale a tutti quelli che appartengono ‘ad un’altra categoria’. Infine, il chitarrista Enzo Amato, che darà a breve alle stampe il libro La musica del Sole, dedicata al Settecento napoletano, espone le potenziali affinità fra musica ed arte costitutiva, estrapolate da un progetto di divulgazione musicale nelle scuole promosso dal Ministero. “Il ricordo delle figure del passato ci porta all’attenzione sulla distanza fra pensiero razionale e creativo, ma senza creatività non c’è conoscenza”, sostiene l’artista, prima di eseguire un pezzo magnetico a cavallo fra la tradizione e la sperimentazione. Al termine restano applausi, emozioni e la sensazione che nell’aria sia rimasto sospeso qualcosa che non si vuole evapori.
Simona Pasquale
Ed eccolo salire in cattedra, per illustrare la propria teoria dell’Attore Costitutivo, Egidio Carbone, trentaquattrenne regista, attore e drammaturgo, laureato in Ingegneria Civile, che nel 2010 ha debuttato sul palcoscenico del Massimo napoletano con la sua Bufaliera, atto unico tradotto in arabo da Mohamed Salmawy, e direttore del laboratorio dedicato alla sua sperimentazione d’avanguardia, che pone in parallelo la moderna teoria della deformazione della materia e la metafisica del personaggio. “Quando, su questi banchi, sentì parlare dell’intimità della materia, capii che le due discipline su cui si fondava la mia formazione, il teatro e la Scienza delle Costruzioni, si potevano unire per creare la deformazione di un personaggio”, dice Egidio. Un attore porta avanti il lavoro con le tecniche che ha appreso: “perché non andare oltre? Perché, invece di osservare solo la natura umana, portando in scena i movimenti di una figura, non mettere l’attore in condizione di essere un personaggio?”. Si tratta di comunicare con la natura, attraverso linguaggi e modelli, per estrapolarne delle leggi. Fin dai tempi di Aristotele, Fisica e Metafisica sono state considerate entità separate, “forse perché non era ancora il momento di studiarle insieme. Osservare come la materia si deformi porta a considerarle entità complementari della stessa entità. Dal momento che una cosa esiste se e solo se esiste anche l’altra, non possiamo pensare che non lascino reciprocamente traccia l’una nell’altra”. Materiale di riferimento, l’acciaio metallo isotropo che, in qualunque modo venga tempestato, reagisce sempre allo stesso modo. “Una cosa affascinante. Tramite l’acciaio posso capire come un personaggio, interagendo con gli altri, può cambiare e modificarsi, trasformandosi in un personaggio ideale, una riduzione scenica paragonabile ad una funzione matematica. Ad esempio, per interpretare un uomo di settanta anni, devo conoscere la sua storia, sapere se ha figli, fratelli”. I materiali hanno memoria storica e l’attore, trasformando il reale in verosimile, mette in scena un modello della realtà. Ecco l’attore costitutivo: sotto lo stress di forze esterne, modifica il proprio comportamento, passando attraverso diversi stati di plasticità.
L’attore Francesco Paolantoni offre un saggio delle tecniche dell’arte costitutiva, leggendo, in chiave brillante, il monologo liberamente tratto dai Discorsi e dimostrazioni matematiche di Galileo Galilei, nel corso del quale dà corpo e voce all’impressionante confronto fra la descrizione dei fenomeni e le fasi elastica, snervata, deformata, ‘smemorata’ (ovvero in condizioni iniziali ripristinate senza conseguenze) e intima dell’interprete: “l’acciaio ha memoria storica, ma anch’io questa cosa nun ma scordo”, conclude l’attore. “Dire teoria è una cosa grossa, ma possiamo ringraziare Egidio per averci aperto al dubbio verso questa prospettiva. Come compositore, metto insieme note, corpuscoli definiti, la cui sequenza porta a melodie che creano emozioni e raccontano grandi eventi, una cosa misteriosa. Gli studi in Fisica mi hanno insegnato che un problema è sempre risolvibile, a meno che non sia mal posto. Non ho mai trovato la regola per la musica e mi auguro di avere, finalmente, svoltato”, sottolinea il compositore, laureato in Fisica, Eugenio Bennato regalando al pubblico una commovente ballata dedicata agli ultimi e più in generale a tutti quelli che appartengono ‘ad un’altra categoria’. Infine, il chitarrista Enzo Amato, che darà a breve alle stampe il libro La musica del Sole, dedicata al Settecento napoletano, espone le potenziali affinità fra musica ed arte costitutiva, estrapolate da un progetto di divulgazione musicale nelle scuole promosso dal Ministero. “Il ricordo delle figure del passato ci porta all’attenzione sulla distanza fra pensiero razionale e creativo, ma senza creatività non c’è conoscenza”, sostiene l’artista, prima di eseguire un pezzo magnetico a cavallo fra la tradizione e la sperimentazione. Al termine restano applausi, emozioni e la sensazione che nell’aria sia rimasto sospeso qualcosa che non si vuole evapori.
Simona Pasquale