Una babele in cucina, il bilancio della “famiglia” de L’Orientale

"Si fa tutto insieme, è una famiglia allargata”. Una famiglia che ha scelto il suo luogo di ritrovo, la cucina. È lì che si condividono i momenti di relax: “prepariamo da mangiare insieme e chiacchieriamo. Soprattutto la domenica, cerchiamo di pranzare come a casa. Ognuno contribuisce con qualcosa”. La voce è di Caterina Spagnuolo, studentessa di Restauro all’Accademia di belle arti, e arriva direttamente dalla residenza dell’Università L’Orientale. A poco più di un anno dall’inaugurazione, il bilancio che arriva da via Brin ha la freccia rivolta verso l’alto. La struttura funziona, i servizi sono efficienti e alle cucine, che si trovano su ogni livello, si affiancano altri punti di incontro, come il solarium all’ultimo piano circondato dal verde o il giardino a piano terra. A completare il quadro, un’ubicazione che non sembra creare disagi e che consente di raggiungere facilmente le università e i principali luoghi d’interesse, senza costringere a fare i conti con l’orologio. A spiegarne i motivi è Armando, studente di Scienze Politiche: “l’anno scorso c’era la navetta, poi l’hanno tolta. In sostituzione ci rimborsano l’abbonamento per i mezzi pubblici. Secondo me è meglio così, perché ci dà maggiore autonomia”. È uno dei veterani: “sto qui dall’inizio. A mio avviso è una struttura molto comoda e si trova in una zona che non mi sembra affatto brutta”. Un cambiamento: “l’anno scorso c’era meno gente, quindi meno confusione. Nonostante ciò, preferisco ancora studiare qui”. La consiglierebbe come abitazione, quindi, ma con una precisazione: “se vieni qua devi rispettare delle regole. Bisogna capire che non si sta da soli, ma si condivide il tetto con 120 persone”. Rafforza molte delle sue tesi Federica Vitale, studentessa di Lingue e culture orientali e africane. A partire dai trasporti: “ci spostiamo tranquillamente. Abbiamo l’abbonamento e c’è il deposito dei pullman accanto”. Si appresta a vivere il suo secondo anno in quegli ambienti: “come servizio abbiamo tanto a disposizione. Cucine, sale lavanderia, stireria, sale frigo comuni. Sfruttiamo tutto. Ci sono pure stanze dove riunirci, ma di solito preferiamo la cucina”. Record di presenze anche per Silvia, molisana iscritta al secondo anno di Archeologia a L’Orientale: “sto qui da quando la struttura ha aperto. Non ho notato notevoli cambiamenti, tranne il numero di coinquilini. È aumentato, ma ciò non ha creato alcun disagio. Ci sono più persone in cucina”. L’elenco di chi può parlare per esperienza porta il nome di Alessia, studentessa di Scienze Politiche di origini sarde: “sono qui da ottobre dell’anno scorso. Si stanno migliorando un sacco di cose. Gli aspetti buoni sono sicuramente da un punto di vista sociale perché non ti trovi mai solo, puoi legare tantissimo”. Sono in tanti, e questo non dispiace nemmeno ai nuovi, come Valentina Maffiuola, trasferitasi da Foggia lo scorso ottobre per venire a studiare russo e arabo al Corso di Lingue: “rispetto a una casa dove ci sono pochi coinquilini e, se non ti trovi bene, sei costretto a farteli piacere, qui hai più scelta”. E quindi più possibilità di fare squadra: “in linea di massima, quando usciamo, lo facciamo in gruppo, perché è meno pericoloso. Di solito ci muoviamo il pomeriggio. Nel fine settimana anche di sera”. Altro punto a favore della residenza rispetto alle strutture private: “ti garantisce comodità che le case non ti offrono, come pulizia settimanale e cambio biancheria. Inoltre, se hai dei problemi avvisi e ti vengono in aiuto”. Concetto ribadito da Emiliano Minerva, studente di Lingue africane, e, con qualche sfumatura diversa, da Rosaria, aspirante fisioterapista della Federico II. Mentre per il primo, infatti, “l’impatto è stato molto positivo. La struttura è moderna e non le manca nulla”, per la giovane studentessa “all’inizio è un po’ difficile socializzare, ma via via si supera tutto. Di solito ci vediamo in cucina. È lì che si chiacchiera. In alternativa, televisione in camera e letto presto”. Non manca il confronto, spesso goliardico, tra colleghi. A parlarne è Jessica Patanìa, siciliana iscritta alla Magistrale in Lingue e Comunicazione Interculturale in Area Euromediterranea: “dal punto di vista umano non mi sento mai sola. Come studentessa, poi, ho la possibilità di confrontarmi con chi fa i miei stessi studi. A volte sembra una babele. Traduciamo le cose più semplici, ad esempio i saluti, nelle lingue che studiamo. A un certo punto, quindi, si sente parlare contemporaneamente arabo, cinese, giapponese a tante altre lingue”. Tutto insieme, basta una cucina.
Ci. Ba.
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