Si sono da poco concluse le lezioni di Storia Economica delle Mafie e dei reati finanziari, insegnamento al suo primo anno di vita nel Corso di Laurea Magistrale interclasse in Scienze criminologiche, investigative e di contrasto ai crimini informatici (incardinata nel Dipartimento di Scienze Politiche). Alla sua apertura, a marzo, il prof. Rosario Patalano, titolare dell’insegnamento, lo aveva presentato come una “novità assoluta nella didattica italiana”.
A corso concluso, cosa ne pensano gli studenti che lo hanno frequentato? “È stato l’unico di tutta la Magistrale che ha avuto un taglio più analitico – racconta Martina Frasca – Abbiamo trattato vari modelli economici e li abbiamo applicati per analizzare i comportamenti della criminalità organizzata”. Tra questi, è stato oggetto di particolare attenzione il ‘modello di Becker’, che analizza l’utilità attesa dal reato e la rapporta ai rischi derivanti dalla scelta di compierlo: “è stato interessante comprendere il calcolo razionale che fa un criminale: è strano pensare che ci sia una formula per questo e che una cosa così meccanica possa essere applicata nella vita reale”, afferma.
L’aver applicato, e non solo studiato in linea teorica, i vari modelli è stato giudicato “il vero elemento di innovazione. In tutta la Magistrale abbiamo fatto sempre e solo teoria. Qui, invece, ci siamo confrontati con esercizi ed illustrazioni grafiche. Insomma, siamo passati alla pratica”. Il prof. Patalano ha fornito esempi visivi “anche, per dire, su come funziona il rapporto di lealtà all’interno della criminalità organizzata, i meccanismi che si innescano ad ogni nuovo ingresso e come si comporta il soggetto sia avverso alla scelta criminale, che favorevole o neutrale”, conclude.
A suo dire, però, l’insegnamento sarebbe dovuto essere a scelta: “permetterebbe ad ognuno di specializzare il proprio percorso, anche perché questo esame necessita di competenze economiche pregresse che, nell’arco della Magistrale, acquisiamo solo in parte”. Aggiunge anche che le sarebbe piaciuto ci fossero più lavori di gruppo, anche solo con riguardo alle esercitazioni pratiche. Per il collega Matteo Pinto, l’aggiunta di questa materia è stata “coerente con il piano di studi”. Evidenzia anche lui, però, il forte taglio economico della materia che, in una laurea interclasse, può essere un limite: in aula “avevamo una formazione molto eterogenea: chi veniva da Psicologia, chi da Scienze Politiche. Quasi nessuno aveva mai svolto esami con un taglio economico di questo tipo”.
Un problema, quello dell’eterogeneità dei background dei singoli studenti, che considera trasversale a tutta la Magistrale: “Si ammettono persone provenienti da Corsi troppo diversi e questo mette in difficoltà i docenti nelle spiegazioni, perché non è semplice tenere lezioni adatte a tutti i livelli di preparazione”. Molto apprezzata da lui è stata soprattutto la prima parte del corso, che ha riguardato l’evoluzione storica delle mafie italiane e internazionali (come quelle africana e asiatica), assieme all’aver analizzato sotto la lente economica qual è “la scelta migliore, dal punto di vista dell’organizzazione”.
A detta di Ilenia Mannaia, infine, anche se alcuni argomenti erano già stati trattati in altri corsi, l’approccio analitico ha dato quel valore aggiunto che ha costituito una giusta conclusione del percorso. Tra i suoi argomenti preferiti c’è stato il cosiddetto ‘Dilemma del prigioniero’, che mette a confronto la collaborazione tra complici con la competizione per il proprio vantaggio. Punto dolente, per lei, è stata la distribuzione delle ore tra parte storica e parte analitica/pratica, che doveva essere, a suo dire, più equilibrata. Insomma, serve ancora più spazio per le esercitazioni.
Giulia Cioffi
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Ateneapoli – n. 9 – 2025 – Pagina 21