Gli sbocchi professionali dopo la laurea
Cinque giovani professionisti, in importanti realtà italiane ed estere, hanno rappresentato “I diversi percorsi formativi dei Biotecnologi” e condiviso la propria esperienza di studio e lavoro e offerto qualche prezioso consiglio, il 10 maggio al Cestev, ai futuri colleghi dei Corsi di Laurea in Biotecnologie per la Salute/Biotecnologie Mediche, ancora tra i banchi dell’università. Coordinatori della tavola rotonda, la prof.ssa Claudia De Lorenzo e il ricercatore Danilo Fiore.
Ed è proprio Fiore il primo a prendere la parola. Un prodotto interamente fridericiano, così si definisce, avendo conseguito in questo Ateneo anche il Dottorato, da studente ebbe le idee chiare sin da subito: “Amavo le biotecnologie mediche e volevo diventare un ricercatore”. Dopo il dottorato è volato a New York per il post-Doc, “dove mi sono confrontato con una comunità scientifica di altissimo livello, frutto di una competizione positiva che stimolava l’eccellenza, e supportata da finanziamenti, strutture e tecnologie di tutto rispetto”. La fascinazione per le Big Pharma l’ha riportato in Europa, “alla Johnson & Johnson, una realtà enorme, dove ho sperimentato una diversa schedulazione del lavoro”.
La ricerca in azienda, tuttavia, non era ancora la strada giusta e quindi, da lì, il ritorno a Napoli, alla Federico II, grazie al programma Rientro dei Cervelli, del Ministero dell’Università e della Ricerca. “Non vi nascondo – dice – una certa soddisfazione per averlo vinto visto che, una volta usciti dall’Italia, le opportunità di rientro non sono tantissime”.
La sua considerazione finale: “Un biotecnologo medico formato a Napoli ha una preparazione tale da poter ambire ad una qualsiasi posizione nel settore, in ogni Paese del mondo. Ovunque sia stato, le mie competenze e conoscenze si sono dimostrate all’altezza e mi hanno permesso di far valere le mie idee”.
Davide Mangani, Scientist – IRB, Institute for Research in Biomedicine – MV BioTherap, porta un’esperienza simile a quella di Fiore, suo amico e collega di università. Dopo la laurea ha puntato ad un Dottorato all’estero, che ha vinto a Zurigo sulla tematica Cancer Biology, poi ad un post-Doc alla Harvard Medical School. “A quel punto dovevo decidere se continuare la carriera in ambito accademico oppure nel privato. La ricerca di base è splendida, ma ci sta voler vedere gli effetti delle proprie ricerche applicati nel concreto”.
E quindi eccolo in qualità di Senior Scientist, di nuovo in Svizzera, a metà tra la ricerca e un ruolo operativo “in una biotech che si occupa di sviluppare tecnologie per sfruttare i microorganismi del nostro intestino per la cura di patologie croniche”. Un passaggio importante dai centri di ricerca accademici americani, “realtà talmente vaste che ti stordiscono”, ad una company, “in cui si sente la centralità dell’azione”. Never settle, always move – non accontentarsi, muoversi sempre – è il suo saluto, “che descrive perfettamente la dinamicità dei nostri studi”.
Un po’ diverse le vicende di Rosario Chianese, Clinical Research Associate (CRA) in un’agenzia farmaceutica, posizione a cui è approdato “grazie ad un Master in Ricerca Clinica a Firenze e ad uno stage”. Il CRA, spiega, è una figura nuova, molto ricercata nelle aziende, “al quale compete il monitoraggio dei trial clinici, nel rispetto del benessere del paziente e delle procedure previste dai protocolli, e la verifica dell’accuratezza dei dati raccolti durante lo studio”. Poi precisa: “Un percorso come il mio può portare a tanti altri sbocchi, dal medical monitor al medical writer fino al data manager”.
Ha studiato in giro per il mondo anche Fabio De Martino, NGS Scientist – SOPHiA GENETICS. Laurea in Italia, Traineeship a Vienna, Dottorato a Losanna, da sei mesi si è inserito in Sophia Genetics, una start-up dell’Ateneo presso cui ha conseguito il Dottorato. Ai fini della sua carriera, chiarisce, “hanno contato tanto gli anni alla Federico II, durante i quali sono stato continuamente esposto all’internazionalizzazione e alla pratica di laboratorio”. ‘Quanto è importante un Dottorato per entrare in azienda?’, gli chiede uno studente. “Dipende dal tipo di ruolo che vi interessa – risponde De Martino – non è un requisito essenziale per un primo ingresso o per una posizione tecnica di base. Però lo diventa se si ambisce a ruoli dirigenziali, da capo progetto o capo laboratorio”.
Chiude la rassegna Noemi Francese, Sales representative/ Product specialist Biores S.r.l, la più giovane tra i relatori, laureatasi con una tesi in oncologia medica nel 2021. È entrata in azienda a novembre scorso, dopo uno stage. “Per conto di Biores, che ha sede a Napoli, lavoro per la multinazionale Medtronic”. Tra i suoi compiti ci sono: “l’attività di promozione e presentazione del portfolio dei dispositivi medici al personale sanitario, attività di programmazione e formazione con il team marketing, supporto tecnico in sala operatoria, studi pre e post intervento con il personale medico”. Aggiunge: “La mia figura è tipicamente richiesta nelle aziende produttrici e distributrici di dispositivi medici. Può essere ricoperta da laureati in Ingegneria Biomedica, Biotecnologie Mediche, Biologia o delle Professioni Sanitarie e non richiede necessariamente un’esperienza pregressa perché le aziende offrono un periodo di formazione specifica e di affiancamento”.
La testimonianza di Francese è un’alternativa al mondo della ricerca che, “per quanto mi appassionasse, non era la mia strada. Pensando a me da qui a trent’anni, non mi vedevo in un laboratorio”. Gli ultimi consigli agli studenti presenti, in aula nonostante un fortissimo temporale, arrivano dai professori De Lorenzo e Massimo Zollo, altro docente di Biotecnologie Mediche intervenuto per un saluto: “Laureatevi bene e con il massimo dei voti, anche se questo significa impiegare due o tre mesi in più. Non abbiate fretta di trovare lavoro e non lanciatevi senza criterio nel mucchio delle varie possibilità per paura di non riuscire a trovare collocazione. Pensate prima, bene, a ciò che volete fare. E chi vuole continuare con la ricerca valutasse un dottorato aziendale, soprattutto se non è interessato alla carriera accademica”.
Carol Simeoli