Alla Riserva Tirone Alto Vesuvio per imparare a “usare gli strumenti della professione”

Scienze e Tecnologie per l’Ambiente e il Territorio

La riserva statale Tirone Alto Vesuvio è immersa nella quiete. Gestita dall’Ente Parco Nazionale del Vesuvio e sorvegliata dai Carabinieri Forestali, è accessibile soltanto su permesso ed è studiata da accademici e ricercatori. È qui che lo scorso 22 maggio la prof.ssa Giovanna Battipaglia, docente di Assestamento forestale e Selvicoltura, ha condotto due studentesse al secondo anno della Magistrale in Scienze e Tecnologie per l’Ambiente e il Territorio, nell’ambito di un progetto per il corso di Dendrometria sulla rilevazione delle riserve di carbonio nelle piante.
Durante il corso gli studenti affrontano in maniera teorica la coesistenza di metodologie di rilevazione tradizionali e di ultima generazione, tra le quali si annovera l’impiego di satelliti, sensori ad alta risoluzione e intelligenza artificiale. Ma è la pratica in campo, usando gli strumenti analogici del mestiere, a fare la differenza, indispensabile per entrare in contatto con la disciplina viva. L’area di saggio designata vede la docente impegnata dal 2013, ma dal 2017 tutto è cambiato.
L’estate di quell’anno, infatti, un poderoso incendio interessò un’area di 1.600 ettari, espandendosi su 11 comuni e causando enormi danni. “A seguito di eventi come questo si deteriorano tutti i servizi ecosistemici della foresta – ha spiegato la docente inoltrandosi nel folto punteggiato qua e là dall’onnipresente giallore dello Spartium junceum, la ginestra leopardiana – In quest’area gli studenti effettuano dunque rilievi per stimare la biomassa (produzione legnosa) del soprassuolo forestale e rilevare la quantità di CO2 che viene stoccata nel popolamento forestale ed eventualmente quella persa in seguito al danneggiamento da fuoco o alla siccità. Queste analisi consentono di diagnosticare la vulnerabilità della foresta e di capire quale intervento selvicolturale sia necessario per una gestione efficace delle risorse forestali e una valutazione precisa dell’impatto dei cambiamenti climatici sui servizi ecosistemici della foresta”.
Sebbene il monitoraggio dell’area avvenga da remoto, grazie alle rilevazioni satellitari con bande all’infrarosso che consentono la creazione di indici su vasta scala, è sempre necessario avere il cosiddetto “riscontro a terra”.
È così che le studentesse, accompagnate dalla docente e dai suoi stretti collaboratori, i dottori Jerzy Piotr Kabala e Francesco Niccoli, hanno effettuato per la prima volta i loro rilievi dendrometrici, rispettando con rigoroso ordine le quattro fasi della procedura. Prima di tutto la costruzione dell’area di saggio, un’area circolare stimata prendendo un punto centrale e calcolando il raggio. “La seconda fase è quella che mi ha affascinato di più – ha affermato Orsola Espositoin quanto abbiamo misurato l’altezza di ogni pianta contenuta nell’area di saggio con l’ipsometro ‘Vertex’, uno strumento che non avevamo mai utilizzato e che si basa sul Teorema di Pitagora. Grazie ad un cavalletto dendrometrico, poi, abbiamo effettuato la misurazione del diametro delle piante, a cui seguirà la fase di elaborazione dei dati raccolti con l’ausilio di appositi programmi”.
La terza fase è quella del carotaggio per studi dendrocronologici (storia della pianta attraverso l’osservazione degli anelli) praticato con il succhiello di Pressler, uno strumento che richiede la mano del professionista. Infine i rilievi di xilogenesi per osservare la dinamica di formazione del legno, indispensabili per stimare lo stato di salute dell’esemplare e della foresta. “Ho avuto la possibilità di mettere in pratica gli insegnamenti e i concetti che ci sono stati trasferiti dalla docente durante i corsi – ha detto Concetta BasilicataQuesto progetto è molto importante considerando i cambiamenti climatici in atto, ed è essenziale che noi agronomi e operatori forestali del futuro impariamo a usare gli strumenti della professione. Oggi ho capito che questo è quello che voglio fare”.
È dello stesso avviso la collega: “La migliore forma di apprendimento passa dal connubio tra didattica e applicazione pratica”, ha detto Orsola. “Le attività in campo sono qualcosa di irrinunciabile per i nostri studenti – ha ripreso Battipaglia – hanno così modo di diventare parte attiva nei miei progetti di ricerca che al momento sono diversi, come il Prin 2020 Waterstem e il Prin Pnrr 2022, finanziati dal Miur e che si avvalgono del supporto del Parco Nazionale del Vesuvio e dei Carabinieri Forestali. Attività che ci vedono uniti in un network nazionale che include altri Corsi di Laurea analoghi ai nostri, così da unire gli sforzi nell’importante azione di salvaguardia del patrimonio forestale nazionale”.
Nicola Di Nardo

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Ateneapoli – n.10 – 2024 – Pagina 28

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