“Dopo la premiazione, un ragazzo di un altro CUS con cui ho fatto un assalto mi ha detto che lo studio ci ripagherà professionalmente, ma non avremo più gli stessi mezzi per praticare sport come ora e dunque è importante dedicarsi il più possibile adesso, sempre conciliandolo con l’Università”: è il consiglio che si porta a casa dopo i CNU Vincenzo Chiarolanza, studente di Ingegneria Aerospaziale, assieme ad un desideratissimo oro nella scherma, precisamente spada.
Una vittoria che arriva al termine di una gara portata avanti, stoccata dopo stoccata, con il cuore a mille e l’adrenalina al massimo, e che ricorderà soprattutto perché, a bordo pedana, al posto del Maestro c’era lo sguardo rassicurante del papà: “Erano tanti anni che non veniva con me ad una gara e ho trascorso la giornata con lui: stare insieme è stato importante per me e, in gara, avere un’occhiata o qualche parolina da lui aiuta sempre tanto”.
In palestra, racconta, si respirava sì un senso di competitività, ma al contempo, “tra un assalto e l’altro, anche se eravamo avversari, parlavamo tra di noi sia di scherma che di come è andata la stagione e delle difficoltà nel conciliare l’attività agonistica con lo studio. Nel mio sport c’è tanto agonismo, ma anche tanto rispetto. Conoscevo la maggior parte dei ragazzi, tutti grandi atleti, ed è stata un’ottima esperienza di allenamento in vista delle prossime gare di fine anno, dove ci rincontreremo di nuovo”.
Il sogno realizzato di indossare la corazzetta
Il sogno di indossare la corazzetta Vincenzo lo ha sempre avuto, eppure la prima spada si è fatta attendere non poco: “dove vivevo – racconta infatti – non c’erano palestre e aspettavo se ne aprisse una, perché ho sempre avuto voglia di praticare questo sport e purtroppo non potevo realizzare questo sogno perché non c’era la sala. Poi si è aperta e mi sono iscritto: forse all’inizio un po’ per gioco, ma mi è rimasta la passione negli anni”.
Passione che oggi si accompagna a quella per lo spazio, tramandatagli dal padre e che lo ha portato a iscriversi alla Federico II, frequenta nel campus di San Giovanni a Teduccio, e a imboccare la strada dell’Ingegneria aerospaziale, sulla base di una predisposizione per le materie scientifiche accompagnata al desiderio di “non voler fare qualcosa di banale”.
E in una corsa contro il tempo, tra esami da preparare e gare in giro per l’Italia, con accavallamenti di date che non sono certo mancati, “qualche volta ho preferito l’università, qualche volta la scherma, ma sono sacrifici che a lungo andare ripagano ed era l’unico modo per non attardarmi negli studi e riuscire a unire entrambe le cose”.
Vita accademica e agonistica
Le parole chiave sono infatti, per lui, “organizzazione e determinazione” e, nel tempo, ha realizzato che vita accademica e agonistica “vanno di pari passo, perché la scherma è uno sport dove non si ottiene quasi mai un risultato in modo scontato o subito dopo un allenamento. Ripaga a lungo andare e, in questo senso, mi ha trasmesso pazienza e fiducia in quello che faccio. Se nel corso degli studi mi sono sentito stressato e magari mi sembrava di non riuscire come gli altri ragazzi, comunque mi sono messo sotto e ho recuperato e questo l’ho imparato dal mio sport: anche dopo una gara andata male tornare subito ad allenarsi”. Oggi, rivela, “so che devo avere meno fretta e non stressarmi da solo: anche se sento la pressione derivante da fattori esterni, devo fare le cose in modo tranquillo e divertendomi. Del resto, se un’attività ti piace devi godertela”.
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Ateneapoli – n.10 – 2024 – Pagina 35